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Azzardo: attivare nuovi sguardi, per un’etica della visione.

Scatta & Vinci è un’esperienza di indagine visiva intorno agli immaginari sul gioco d’azzardo, tema nascosto, poco dibattuto e al contempo talmente presente da caratterizzare aspetto e flussi degli ambienti che attraversiamo.

Attraverso la collaborazione tra i progetti Prato in Gioco e Game L-over, parte del Piano Regionale di Contrasto al gioco d’azzardo della Regione Toscana, e il collettivo MASC (Magazzino di Arte Sociale Collettivo) è stata realizzato a Prato il contest fotografico “Scatta & Vinci”. Una sperimentazione che ha visto il coinvolgimento di fotografi a artisti appartenenti a generazioni diverse e che, attraverso tre step (incontro di formazione – mostra fotografica – affissione delle foto vincitrici negli spazi pubblici di prato), ha permesso di attivare un percorso di riflessione collettiva sul gioco d’azzardo.

Pubblichiamo il testo inserito nel foglio di sala della mostra, che ben spiega il senso dell’iniziativa.

Nei prossimi giorni le fotografie in gara verranno pubblicate sulla pagina instagram di Prato in Gioco e MASC.

Attivare nuovi sguardi, per un’etica della visione.

Le foto che vedrete hanno stili, poetiche, tecniche molto differenti, ma condividono tutte un elemento chiave: sono sempre un invito a guardare con altri occhi ciò che di solito non si vede o si osserva frettolosamente, utilizzando categorie rigide o stereotipi scontati.

Nel raccontare l’azzardo spesso si ricorre a definizioni, metafore, stili estetici e narrativi che colgono solo alcuni elementi della complessità che caratterizza questo fenomeno.

Le fotografe e i fotografi che hanno partecipato a Scatta & Vinci propongono invece un ampio spettro di possibilità, ma ci chiedono in cambio di abbandonare le consuete posture di sguardo superficiale o distratto e di interagire attivamente con ciò che si vede.

Non possiamo essere semplici spettatori passivi o visitatori frettolosi, perché bisogna impegnarsi a co-costruire il senso di ogni opera in modo articolato e partecipativo, cercando di ricodificare il tema dell’azzardo in una serie di risonanze sociali, economiche, culturali e personali che lo significano in modo nuovo, oltre i luoghi comuni, restituendo la complessità della realtà, le contraddizioni del tempo e, soprattutto, la varietà dei percorsi di vita che incrociamo quotidianamente, spesso senza rendercene conto.

Citando un’opera concettuale di Muntadas del 2009, Mirar Ver Percibir, credo che grazie alle foto qui esposte abbiamo un’occasione preziosa, oggi sempre più rara: poter trasformare uno sguardo indistinto in una visione partecipe, con la possibilità di raffinare la percezione delle persone e delle vite che spesso incrociamo senza rendercene conto e che talvolta giudichiamo senza conoscere.

Michele Marangi (Università Cattolica Milano)

Lungo questo percorso espositivo volto ad acquisire una nuova consapevolezza, entriamo nel vortice della ludopatia: una voragine che assorbe tutto, a partire dal nostro essere, fino a risucchiarci. Come una sorta di lavatrice, il cui compito di lavare i soldi sporchi si svolge all’ombra dello sguardo.

Incrociamo poi una quotidianità tesa all’invisibile, dove presi dalla routine e distratti dalla frenesia della vita non ci accorgiamo di ciò che ci circonda, nemmeno delle grida sorde di chi ha bisogno di aiuto.

Proseguendo vediamo come la società odierna ci sproni verso una ricerca costante del benessere, un benessere effimero rilegato al denaro e alla sua transitorietà. L’insidia della ricompensa ci esorta così a screditare la dedizione e la stabilità che solo il vero lavoro può portare, rendendoci vittime della sorte.

Veniamo poi attratti dalla luce di un portale alle nostre spalle, i cui colori cangianti diventano fonte di fascinazioni e visioni, suscitando una forza gravitazionale che solo il gioco riesce a provocare, quando non riusciamo a scorgere altre luci ed altre vie attorno a noi.

Volgendo lo sguardo vediamo come quei colori dai toni accesi ed accattivanti si ritrovano nella nostra storia, fin dalla nostra infanzia. Ci immaginiamo così unə bambinə fermə , ma non davanti a qualcunə di ridente e scherzosə , bensì ad una macchina accesa ed ipnotica, priva di vita.

Quella stessa assenza di vitalità la ritroviamo infine in un macchinario spento e solitario, perso in una miriade di altre macchine, disconosciuto da sé stesso e da chi lo circonda, avvolto in una solitudine incombente ed estenuante.

Matilde Toni (MASC)